La serata egizia


La serata egizia

Novembre 2009...

Da almeno due mesi perseguo una nobile ricerca in questa landa desertica senza nome. Forse ho un tantino sottostimato la portata dell'impresa. Mi sono buttato allo sbaraglio con tutto l'entusiasmo e la passione di cui sono inconsciamente capace. Ho speso denaro a profusione, non ho lesinato nemmeno una goccia della mia vitalità. I risultati ottenuti non soddisfano le mie aspettative, anzi, per dirla in tutta sincerità, credo di essere giunto a un punto morto. Proprio oggi, ho pesantemente revisionato la tabella di marcia giornaliera per alleviare la spossatezza che mi pervade anima e corpo. In soldoni, distanze da coprire sensibilmente ridotte e soste più frequenti (una ogni paio d'ore). Mi sono appena accampato e sto consumando un pasto frugale a base di lenticchie scotte e gallette. La mia gola brucia come un tizzone ardente e da quella maledetta borraccia fuoriescono solo poche stille d'acqua... Scrutare l'orizzonte senza la fida bussola non mi restituirà la benchè minima speranza, neanche un miraggio ad alimentare la più piccola delle illusioni. Non vedo come potrei pensarla diversamente, intrappolato in un habitat dove poco o nulla è concesso alla variazione morfologica. E' un susseguirsi di cune e cunette, serpenti di sabbia che si crogiolano a perdita d'occhio in una desolata cornice tremolante. Uniche presenze a squarciare brevemente il silenzio infinito del deserto, a farmi compagnia occasionale sono quei dannati scorpioni, subdolamente in agguato nella sabbia, senza contare qualche predone in sporadica ricognizione, e il consueto stormo di capovaccai in perenne ricerca di carogne da spolpare... Dal suo pulpito celeste il sole ribollente domina incontrastrato sul suolo di questa nuda terra. Niente può minare l'autorevolezza di questo giudice, chiamato per l'ennesima volta a emettere un verdetto inesorabile. Eppure, i miei sogni sembravano aver tracciato la via maestra...
Da quando ho intrapreso questa spedizione, un magnifico volto di una misteriosa donna mediterranea avvolge con fulgida purezza le mie notti trascorse all'addiaccio. Il magnetismo brillante emanato dai suoi occhi smeraldo oltrepassa le muraglie umane che mi separano da lei, come un allegro fantasma si prende gioco dei muri del maniero gotico per attentare alle coronarie di chi ha ha osato trascorrere la notte in quel lugubre edificio. Ma state certi che per quanto mi riguarda, l'aumento della frequenza cardiaca a ritmi vertiginosi non ha niente a che spartire con sinistri cigolii di porte, scalpiccii pesanti dal solaio, voci dell'oltretomba e amenità varie... In lei il bianco e nero prescindono dalla solita contrapposizione per fondersi in un'armoniosa convivenza che fa vibrare con forza le corde del mio sentimento. L'espressione impassibile di questa dea notturna mette un po' in soggezione la prima volta che la vedi. Ma è solo un attimo, il tempo necessario per capire che in quei bellissimi lineamenti austeri c'è un mondo traboccante di charme da centellinare goccia dopo goccia. Un mondo che rivela l'altra faccia della medaglia quando quegli occhi celestiali dettano i tempi del sorriso come il più infallibile dei direttori d'orchestra. Complice quel taglio simil orientale, foriero di sì candida dolcezza, mentre le labbra perfettamente cesellate si spalancano mostrando un bassorilievo di magnificenza divina. Basta la soavità di tale visione a mandarmi su di giri e ad affossare tutte le avversità patite nella melma dell'indifferenza! Anche quel mulinello di sabbia a un tiro di sputo di cammello  non mi fa ne caldo ne freddo, aggiungo. O forse dovrei analizzare più approfonditamente il quadro della situazione e mettere un freno all'euforia autoindotta?
Dalla sacca a tracolla estraggo un pesante manto di lana, foulard per proteggere naso e bocca, e inforco occhialoni stile Volpe del Deserto. Et Voilà! Eccomi trasformato in un fagotto deambulante attrezzato per la bisogna. Tanto non è caso di fare gli schizzinosi. Non credo ci si debba pettinare nel bel mezzo dell'occhio del ciclone!
Il cielo è oscurato quasi del tutto e il vento sferzante gioca al gatto al topo con quella sagoma di cartone rispondente al tapino sottoscritto... Una passeggiata da tregenda sferzato violentemente, all'interno di quella immane colonna fuligginosa che si estende in ogni dove. L'ululato straziante del vento mi trapana ossessivamente le orecchie scimmiottando lo stridore lacerante di un martello pneumatico.
Percorro uno-due-tre-quattro -potrebbero essere cento- chilometri, tanto ormai sono arrivato al limite, anzi temo di aver violato le leggi fisiche della ragionevolezza. Ho bisogno di rintracciare al più presto un riparo per riposarmi. Forse quella meravigliosa guida apparsami in sogno non mi ha abbandonato del tutto.
Nel caos vorticante di sabbia mi pare di intravvedere una forma dai connotati familiari...Quella sagoma nera spuntata miracolosamente dal nulla potrebbe essere una parete rocciosa che ospita una grotta...
Una Grotta!!!????
Lassù qualcuno mi ama!
La tempesta si sta dando una salutare calmata, l'ambiente circostante sta gradualmente prendendo forma confermando all'osservatore la bontà della sua supposizione.
L'entrata della caverna si trova a una decina di metri. L'accesso è un angusto passaggio scolpito nella roccia, grande abbastanza per farmi passare carponi. Dietro di me, il cacofonico sibilare di prima appartiene ormai al passato. Le ultime raffiche della tempesta, congedate dalla piacevole brezza del crepuscolo, consegnano le chiavi del paradiso alle stelle.
Entrare o non entrare? L'eterno dilemma ha ragione d'essere solo nell'effimero spazio di un battito di ciglia.
Tento una sortita all'interno, magari trovo qualche pezzo di risposta da inserire nel mosaico della mia ricerca. Mi chino e punto con circospezione la torcia verso la cavità. E' l'inizio di un angusto cunicolo, all'apparenza lungo non più di una cinquantina di metri.
Non senza qualche apprensione, mi cimento nell'attraversamento del budello. Sotto di me l'antitesi del tappeto rosso. Una distesa di ghiaia e detriti accompagna il mio ostinato peregrinare verso l'ignoto. I palmi delle mani e le ginocchia sfregano contro il manto scabroso senza soluzione di continuità. La fronte gronda sudore a catinelle e la respirazione ha conosciuto giorni sommamente migliori.
A metà percorso faccio una breve sosta per riprendere fiato. Solo pochi istanti poi faccio girare la pedivella e rimetto in moto la mia carcassa singhiozzante.
PUFF, puff... Ancora qualche metro e dovrei essere arrivato...
Contraggo ferocemente le mascelle e strabuzzo le orbite. Ho appena svoltato ad una nuova diramazione del percorso. In fondo scorgo un intenso bagliore biancastro.
Possibile? Sì, a meno di non aver preso un abbaglio...
La difficile praticabilità del percorso è  un invito a nozze alla venerabile voce della saggezza. L'idea di fare  immediato dietrofront è più che una semplice opzione. E' che non riesco a placare il Magellano che c'è in me, sempre sollecito a incitarmi nella prosecuzione del viaggio. Costi quel che costi!
EVITARE I PERICOLI E' UNA COSA IMPORTANTE, MA SONO QUI PER GIOCARE: 
ACCETTO L'OFFERTA DELLA SORTE E VADO AVANTI!. 
Il budello si restringe improvvisamente. Mi tocca strisciare pancia a terra. Maledizione, come bruciano quelle fottute escoriazioni! Dalle capricciose fenditure sulla volta del meato fuoriescono colate di sabbia che insidiano le mie povere pupille. Sono allo stremo delle forze. Man mano che mi avvicino al pacco X, pardon (ho le traveggole), al punto X, l'illuminazione diventa sempre più vivida, e mille interrogativi assalgono la roccaforte della mia mente, a un battito ciliare dalla capitolazione. Non sia mai detto, ne va della mia ricerca.
Persisto. L'abnegazione prevale in tutto il suo stoicismo. Chiudo istintivamente gli occhi per proteggerli dalla prorompente emanazione luminosa. Faccio un respirone profondo, e raccolte le forze residue, mi trascino fuori dal tunnel...
Mi trovo in una stanza attraversata in centro da un fascio di luce misteriosa filtrato da una cavità nel soffitto.
Con buona probabilità questo posto si tratta di un'antica vestigia del passato, la testimonianza di una civiltà sepolta nei recessi del tempo. Solo l'occasionale squittire e il lontano ronzio di arcane macchine in funzione disturbano il sonno millenario di questo posto. A parte me naturalmente.
Il resto della sala è ammantato nella semioscurità, preda di piccole ombre furtive che corrono tra le masserizie. Ai quattro angoli giacciono altrettanti bracieri di ceramica nera, divorati dall'insaziabile appetito del dio Crono. A quale rito o funzione abbiano dato luce non è dato sapere. Separati dal riquadro di luce incombente dalla volta, due mastodontici lastroni di pietra collocati in posizione simmetrica titillano la mia curiosità archeologica. La tentazione indianajonesiana di sollevarli è fortissima. Mi scontro con due problemi logistici. Punto primo:non sono dotato di muscolatura comparabile a quella dell'Incredibile Hulk. Punto secondo: Proprio non me la sento di disturbare il sonno millenario della Storia.
Rivolgo la mia attenzione altrove. Agitando la torcia fendo a fette le ultime resistenze del chiaroscuro. In direzione dei blocchi di pietra vedo delle piccole incisioni dall'aspetto familiare, ma non ci giurerei... Geroglifici? Mi avvicino alle pareti della stanza, e, con somma meraviglia, scopro un intonaco ricco di sgargianti decorazioni. Il bagliore sprigionato dalla fiaccola tremolante fa apparire sul muro iscrizioni e disegni che sembrano tradire la loro origine Egizia.
Egizia?
La verità è che di storia non capisco una mazza ferrata, anzi pardon, un papiro piramidale.
Mi basta soltanto far galoppare o quantomeno zoppiccare la fantasia e... voilà tutto è possibile!

Quelle raffigurazioni murali sulla parete destra sembrano rappresentare uno spaccato di vita all'ombra delle Piramidi. Un solenne corteo passa su due ali del popolo festante. Dalla coda della processione i musici suonano melodiche composizioni in onore degli dei con l'ausilio di flauti, sistri, trombe, tamburi... A guidarli è il ritmico movimento della bacchetta brandita dal direttore supremo. Gli uomini, che incedono solenni, nelle loro vesti di lino, devono essere i grandi sacerdoti. Guerrieri armati fino ai denti formano un cordone di protezione attorno alla portantina del faraone, trasportata da quattro nerboruti schiavi. Dalla sua maestosa postazione la bellissima regina EGIZIA saluta i sudditi accorsi a prostrarsi in riverente inchino.

Rivedo nella mia mente l'evento una seconda e una terza volta, ma presto vengo catturato da una profonda spossatezza. Mi acquatto lungo l'angolo del muro e chiudo gli occhi. Pochi attimi di dormiveglia e la porta del mondo onirico torna a schiudersi in tutta la sua estatica evidenza... Rivedo la scena del corteo solenne nei minimi particolari. Non manca niente. Nemmeno la Regina...
Un magnifico volto di una misteriosa donna mediterranea avvolge con fulgida purezza le mie notti trascorse all'addiaccio. Il magnetismo brillante emanato dai suoi occhi smeraldo oltrepassa le muraglie umane che mi separano da lei...



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